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November 2017
03/11/2017
Come organizzarsi per i compiti
e per lo studio
Una delle definizioni che mi piacciono di più relative all’organizzazione è la seguente:
“Preparare il necessario per l'esecuzione di qualcosa; ordinare le proprie cose per un dato fine”
Ed è proprio attraverso questa definizione che vi darò pratici suggerimenti per i bambini e ragazzi per affrontare meglio questa situazione quotidiana, così che diventi meno sgradevole per tutti.
Distinguiamo tutta una serie di situazioni che occorre definire nell’organizzazione: innanzitutto iniziamo a differenziare l’organizzazione STRUTTURALE e MENTALE, all’interno di questi due sotto gruppi troveremo sempre 3 elementi: spazio, tempo e materiale. Ma vediamoli nel dettaglio!
1) Strutturale: ovvero come si dovrebbe predisporre tutto quanto serve per poter essere a proprio agio nella situazione ambientale in cui mi trovo a studiare e poter avere “accesso” e fruizione del materiale che mi occorre in modo veloce e diretto.
a) Lo spazio fisico composto da tutto quanto sta intorno allo studente nel momento in cui studia, ossia il suo “tempio dell’apprendimento” organizzato in base alla soggettività della persona. Esso dovrà comunque essere creato in modo efficace ed efficiente in base a come viene percepito dai sensi
La Vista. Elemento fondamentale quando si studia o lavora è l’ordine; la stanza e il tavolo di lavoro devono essere ordinati, in quanto gli oggetti in giro sono tutti fattori di distrazione che possono richiamare la nostra attenzione altrove e farci perdere la concentrazione. La luce, soprattutto quella naturale, è fondamentale: occorre scegliere un’illuminazione che rischiari nel modo migliore il nostro tavolo di lavoro e non affatichi la vista
Il Tatto. Occorre toccare con “mano” l’importanza di un ambiente piacevole anche da questo punto di vista; una sedia comoda e adeguata alla postura aiuteranno il bambino a non doversi distrarre troppo per sistemarsi e mettersi comodo, così come un abbigliamo comodo e confortevole renderà la situazione altrettanto incoraggiante
Il Gusto. Si può pensare e prova ad associare un gusto all’apprendimento con l’idea che anche questo diventi un “input” che contribuirà a rendere più produttivo il tempo dello studio: una tazza di tisana o del succo di frutta senza zucchero, così che il bambino possa reidratarsi ogni tanto;
L’Olfatto. Anche questo canale è importante; si può pensare di associare una fragranza che accompagni le ore di studio. Non vi è un aroma che stimoli di più la concentrazione è una questione più personale di tipo associativo, ossia utilizzare sempre una fragranza quanto studio magari una determinata materia
L’Udito. Soprattutto ai ragazzini piace ascoltare la musica e vorrebbero farlo anche durante il momento dei compiti. Può essere utilizzata come sottofondo sia quanto si fanno i compiti che quando si studia, avendo però l’accortezza di utilizzare musica strumentale quando occorre apprendere e memorizzare, così da non andare dietro alle parole del testo, ma restare concentrati sul contenuto da imparare.
Tutto questo permette di creare uno spazio/stanza adeguati e sufficientemente libero da distrazione per permettere al bambino di fare i compiti e studiare.
Altro elemento importante è la Scrivania: essa dovrà essere sufficiente spaziosa da poter permettere allo studente di aprire il quaderno, il libro, il diario e il portapenne; al contempo occorrerà non aggiungere troppi altri elementi che possono diventare un distrattore e creare confusione alla vista, come già abbiamo accennato prima.
b) Organizzazione del materiale scolastico in questo ambito rientrano tutti gli “attrezzi del mestiere” che il bambino andrà ad utilizzare durante lo studio;
Zaino e astuccio: dovrebbero essere funzionali, comodi, ma soprattutto devono piacergli quindi meglio se li sceglie lui – ovviamente con vostri suggerimenti! In qualche modo la sacca scolastica e l’astuccio, lo accompagneranno per tutto l’anno, e magari anche per più anni, quindi dovranno un po' parlare di lui. Nel corso del tempo è importante accompagnare il bambino ad utilizzare ed organizzare lo zaino in modo pratico e veloce, ossia sapere sempre dove mettere ogni specifico “pezzo”, dalla cartellina alla merendina ai quaderni, così che la sua interazione con il materiale risulti fluida e rapida. Il renderlo autonomo nel prepararsi la cartella è anche un mezzo attraverso il quale renderlo partecipe del suo lavoro e responsabile delle sue cose! Stesso discorso per l’astuccio, dovrà essere spazioso così da poter ospitare in modo adeguato e strutturato ogni materiale necessario
Penne: avere penne con cui scrivere di colori diversi, stimolerà il bambino e la sua sottostante fantasia nel fare le mappe, scrivere e produrre un testo, ect.
Quaderni e libri: vi la tendenza ad assegnare per ogni materia un colore di foderina/copertina dei quaderni, ma poi i libri hanno la foderina trasparente e non sempre è facile abbinarli. Un consiglio di riordino pratico e veloce è quello di avere dei semplici raccoglitori di carta (tipo quelli bianchi di cartoncino leggero bianchi dell’Ikea) a cui coloreremo il dorso al colore definito dalle insegnanti, all’interno del quale metteremo tutto il materiale riguardate quella materia: quaderno, libro, raccoglitore ect.
2) Temporale quand’è il momento migliore per fare i compiti? L’ideale sarebbe iniziare tutti i giorni della settimana in un orario regolare, così che comprendano che è un appuntamento fisso. L’orario è importante: i bambini al rientro da scuola hanno bisogno di un periodo per rilassarsi, e dopo cena sono troppo stanchi. Quindi valutare e ponderare il momento giusto dipende anche dalle abitudini familiari e di routine, che possono poi variare durante il weekend, quando il tempo a disposizione è maggiore.
I fattori importanti poi sono: cosa fare prima? Per quanto tempo devono fare i compiti e studiare? È necessario che i genitori accompagni i bambini nella pianificazione del tempo di studio, suddividendolo ed organizzandolo in maniere opportuna per massimizzare l’efficacia. I bambini dovranno imparare a fare una programmazione settimanale dei compiti e dello studio, così che man mano che la quantità di compiti da fare aumenterà, il minore saprà incanalare il proprio impegno nel modo migliore. Per ogni giornata, create una lista di priorità in cui in cima occorre inserire le materie di studio più lunghe e complesse a seconda delle preferenze del bambino, magari alternate da attività di esercizi o scrittura. In questo modo quanto il bambino avrà più energie e voglia, affronterà il lavoro più complesso; man mano poi che sarà affaticato, il lavoro sarà più leggero e coinvolgente. La modalità più divertente e colorata oltre che essere efficace, è scrivere cosa fare su dei foglietti tipo post-it, ordinarli nell’ordine in cui devo essere svolti; quando sarà fatto, si toglie ed elimina, questo a livello visivo aiuta il bambino a rendersi conto dei compiti finiti e di quelli “residui”, invogliandolo in modo indiretto!
Ogni sessione di studio quanto deve durare per essere incisiva? Studiare o fare i compiti per ore e ore consecutive non è adeguato, così come non è neanche equilibrato fare enormi pause. L’ideale è suddividere il tempo in 40 minuti di studio, 15 minuti di pausa e 5 minuti di ripasso di quello che si è fatto nella sessione precedente. Si può utilizzare un timer o sveglia che ci segnali il momento della pausa… non importa dove siamo arrivati; la pausa deve essere un effettivo stacco in cui il bambino può giocare o rilassarsi o portare fuori il cane. Terminato questo momento, si ripassa quanto fatto in precedenza così da creare un collegamento con i concetti che verranno dopo.
3) Materiale per ciascuna materia il bambino deve avere a disposizione tutto i componenti necessari per svolgere al meglio quanto richiesto dalle insegnanti. Durante lo studio è utile sottolineare o evidenziare? Questa è una predisposizione che il bambino dovrà maturare nel corso dei suoi studi; importante è imparare a segnalare (sottolineare, cerchiare evidenziare, ect) le parole significative per quell’argomento così che fungano da richiamo diretto durante la fare di ripasso e richiamo. Un concetto importate è che occorre fare una lettura critica, ossia bisogna imparare a studiare per spiegare il cui obiettivo sarò di capire in dettaglio i concetti. Le parole significative diventeranno un gancio mentale per recuperare i concetti intorno ad essi strutturati.
Nel prossimo appuntamento affronteremo l’organizzazione mentale necessaria per ogni studente, sempre nelle varie sfaccettature già presentate: spazio, tempo e materiale.
September 2017
04/09/2017
Con l’imminente inizio della scuola ecco alcuni consigli per partire nel migliore dei modi con un momento cruciale per i bambini: i COMPITI!
Per prima cosa è importante per i genitori ricordare che non si deve sottovalutare l’importanza dei compiti assegnati dalle maestre ai bambini, anche se è molto pesante sia per i bambini sia per le famiglie. Fare i compiti a casa è fondamentale per consolidare quello che i bambini hanno appreso a scuola ed è quindi rilevante che noi genitori facciamo di tutto per agevolare i nostri figli in questa attività. Importante: non dobbiamo farli per loro, anche se questo faciliterebbe la gestione del tempo!
Nei primi anni delle elementari i bambini arrivano a casa con “quintali” di disegni da colorare e c’è la tentazione di aiutarli per finire in un paio di minuti, al posto della mezz’ora che si passa lì con loro ad aspettare e ad incoraggiarli per terminarli. Occorre però tener presente che la semplice coloritura ha un ruolo fondamentale nell’apprendimento. Questo permette anche ai bambini di imparare a gestire il loro tempo, relativamente a semplici attività per sperimentare come organizzarsi per i compiti, rispetto ai successivi compiti impegnativi degli anni successivi.
Fare i compiti è anche un ottimo allenamento per la capacità di concentrazione dei bambini che tendono ovviamente a distrarsi molto facilmente, specialmente i più piccoli. Per questo, anche la scelta del luogo dove fare i compiti è importantissimo.
Nei primi anni di scuola i bambini preferiscono farli in una stanza non troppo isolati, magari in cucina con la mamma; questo va sicuramente bene per dargli sicurezza e per avere qualcuno che possa supportarli in un momento di difficoltà.
I bimbi devono imparare che i compiti fatti a casa sono un appuntamento fisso, conviene quindi farglieli fare sempre alla stessa ora; così facendo i bambini impareranno presto che tutti i giorni, ci sono i compiti da fare.
La scelta dell’orario nel quale farli è veramente importantissima. Appena usciti da scuola, hanno bisogno di un periodo per rilassarsi, e dopo cena sono troppo stanchi. Quindi valutare e ponderare il momento giusto dipende anche dalle abitudini familiari e di routine, che possono poi variare durante il weekend, quando il tempo a disposizione è maggiore.
Per lo studio è importante che fin dai primi anni di scuola i bambini non iniziano a studiare il giorno prima dell’interrogazione o del compito in classe. Occorre insegnargli ad avere un occhio sui suoi impegni nel lungo periodo, così da imparare a gestire il tempo in modo più efficace. In questo modo, con impegno e costanza, il lavoro diventerà meno faticoso.
Fondamentale sempre ricordare che il primo luogo dove si imparano ed apprendono i concetti è la scuola! Un aspetto rilevante durante le lezioni è ascoltare l’insegnante: è molto importante, perché questo diminuisce il carico di lavoro a casa, anche se si ricorda solamente un concetto. Mentre l’insegnante parla, potrebbe essere utile per i bambini provare ad associare le parole ad un’immagine: in questo modo si avrà più possibilità di ricordare.
Non mancante al prossimo appuntamento in cui, entreremo nel dettaglio di come organizzarsi per i compiti e per lo studio!!!
December 2015
16/12/2015
DISTURBO SPECIFICO DELLA COMPITAZIONE
Con Disturbo Specifico Della Compitazione è uno dei Disturbi meno conosciuti, anche se in campo medico, si identifica come uno dei più comuni Disturbi specifici di apprendimento (D.S.A.).
Esso consiste nella difficoltà a suddividere le sillabe in parole e solitamente è associato a problemi di disgrafia, ma non fonetici.
Secondo la definizione dell' OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)- con la sigla F81.1. - la caratteristica principale del disturbo della compitazione è "un disturbo specifico e significativo nello sviluppo delle abilità di compitazione in assenza di una storia di disturbi specifici della lettura, è un disturbo che non è dovuto unicamente ad un'età mentale immatura, a problemi di vista, o inadeguato livello scolastico. Le abilità di pronunciare e scrivere correttamente le parole sono entrambe compromesse".
Sulle
cause dei D.S.A. si è
molto discusso in questi ultimi anni. Le ricerche più recenti sull’argomento
confermano l’ipotesi di un’origine costituzionale dei D.S.A.: una base genetica
e biologica dà la predisposizione al disturbo, anche se ancora non ne sono
stati precisati i meccanismi esatti.
Importante
ricordare che fino all'elaborazione della diagnosi, il soggetto con DSA vive
tutte le sfaccettature del disagio emotivo legato alle sue difficoltà, ecco
perché è importante diagnosticare precocemente tali difficoltà ed intervenire
con trattamenti specifici.
Per programmare un intervento abilitativo personalizzato è necessaria una valutazione clinica, fatta da un neuropsichiatra infantile o a uno psicologo. Per una tale valutazione ci si può rivolgere alla propria ASL di appartenenza (Servizio di Neuropsichiatria Infantile o Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile o di Neuropsicologia), oppure a specialisti che svolgono privatamente la libera professione.
A scuola, ottenuta la diagnosi di DSA sarà possibile per i genitori chiedere alla scuola la predisposizione di un PDP - Percorso Didattico Personalizzato (o Percorso Educativo Personalizzato) La realizzazione del PDP implica l'adozione di tutte le misure dispensative e compensative, appropriate all'entità ed al profilo della difficoltà , in ogni singolo caso.
June 2015
17/06/2015
Legato a quando già detto nella parte precedente, dopo la percezione corretta del proprio corpo il bambino deve imparare e gestire e dosare le sue capacità.
Le capacità motorie sono necessarie per compiere un atto grafico corretto possono ritenersi in linea di massima i seguenti:
· Corretta posizione del corpo e del braccio in rapporto al piano grafico;
· Indipendenza progressiva: braccia-tronco, mano-braccia, dita;
· Rilassamento globale e segmentario(spalla, braccio, polso, mano);
· Organizzazione del gesto;
· Capacità di controllo del gesto (inibizione volontaria);
· Educazione del gesto fine: prensione della matita o del pennello o altro oggetto per lasciare un segno grafico;
· Coordinazione oculo-manuale
· Pressione sull’oggetto usato per scrivere (controllo);
Esercizi per l’acquisizione delle condotte motorie per l’attività grafica:
L’insegnante utilizzando ampie superfici quali, lavagna, grandi fogli di carta posti sulla parete o sul pavimento e l’uso di colori a dita, pennelli, gessetti, ecc.. permette al bambino di potersi muovere in maniera più fluida e libera , quindi, ottenere così un rilassamento segmentarlo che permette al bambino di ottenere l’indipendenza del braccio e della mano.
Per la coordinazione oculo-manuale e prensione, si può cominciare col far compiere al bambino gesti usuali come: prendere, afferrare, posare; poi gesti simmetrici e sincroni quali muovere rapidamente le mani ruotando il polso(fare le farfalline); inoltre si possono svolgere altre attività quali:
· Aprire e chiudere scatole;
· Sovrapporre cubi;
· Avvitare e svitare;
· Avvitare uno spago attorno a un bastoncino;
· Annodare e sciogliere cordicelle;
· Strappare della carta;
· Ritagliare seguendo linee dritte e curve;
· Utilizzare la creta e la plastilina;
· Infilare perline di vari colori;
In un secondo momento, si passa all’utilizzo della matita o di pennarelli con i quali si possono fare eseguire semplici percorsi, tracciati, labirinti, ecc.
Esercizi per la pressione:
· Lasciare impronte della mano e delle dita su plastilina o das;
· Conficcare ed estrarre chiodini;
· Accartocciare carta crespa; carta di giornale (materiale di diversa consistenza);
· Utilizzare timbri.
03/06/2015
Nell’attività di scrittura viene coinvolta una parte del corpo del bambino di cui deve essere ben consapevole e saper gestire in modo coordinato ed armonico per evitare anche di stancarsi troppo mentre scrive.
La percezione di forma e di spazio sono a loro volta strettamente connesse con l’apprendimento motorio, e l’apprendimento motorio è strettamente connesso con l’evoluzione dello SCHEMA CORPOREO. In gran parte la conoscenza del mondo comincia con la conoscenza del nostro corpo, la percezione visiva dello spazio inizia la comprensione dei rapporti spaziali di noi stessi. Lo Schema corporeo in definitiva non è tanto o solo una percezione, ma soprattutto una rappresentazione costante, che si avvale di una sintesi di esperienze multiple (passate e attuali) visuo-vestibolari, cinestetiche e posturali, influenzata da stimoli emotivi e da necessità biologiche. Quindi da una parte il corpo come oggetto di percezione o di sintesi percettiva, e cioe’ la somatognosia, dall’altra il corpo come oggetto di rappresentazione e quindi conoscenza simbolica, intellettiva, intuitiva, che da origine alla cosiddetta <coscienza di sé> - La capacità di avvertire il movimento e i suoi risultati nello spazio è essenziale per l’evoluzione dello schema corporeo. Ogni volta che un muscolo volontario si contrae, manda al cervello impulsi propriocettivi i quali, mediante il processo di sintesi con impulsivi visivi e tattili, stanno a significare che un certo movimento è avvenuto nello spazio. Anche gli stimoli che provengono dalla pelle, dalle articolazioni, dai muscoli e da altri tessuti, anche quando non vi è movimento, contribuiscono alla conoscenza delle diverse parti del corpo. Lo schema corporeo non è semplicemente una percezione sebbene giunga attraverso i sensi, ma comporta schemi e rappresentazioni mentali. Tale immagine è sottoposta ad un continuo programma di strutturazione, destrutturazione dalle prima età in avanti: quindi è sempre in evoluzione.
EDUCAZIONE ALLO SCHEMA CORPOREO
Lo schema corporeo, quindi inteso come processo dinamico e motorio, non deve essere spiegato verbalmente al bambino, ma deve venire costruito insieme a lui utilizzando i sui stessi schemi motori. Occorrerà perciò predisporre una precisa strutturazione delle sequenze e degli esercizi secondo uno schema organico. E’ bene consentire al bambino un iniziale approccio alla globalità del proprio corpo attraverso l’esperienza diretta di contrasti fra situazioni varie quali: movimento- arresto; eretto- sdraiato ecc… Il bambino dovrà “sentire” la situazione e, come se fosse un gioco, deve stare all’interno di essa insieme all’insegnante. L’imitazione degli animali, per esempio, consente l’esperienza dei vari tipi di movimento, quali:
· Strisciare;
· Camminare bocconi;
· Saltellare;
· Camminare lateralmente;
· Correre;
· Nuotare ecc…
In questo modo l’insegnante può osservare anche le effettive capacità dei bambini di coordinare i vari movimenti, dai più semplici a più complessi. Nel contesto dei movimenti di coordinazione dinamica generale rientra anche il tema dell’equilibrio sia statico, sia dinamico e la percezione delle simmetrie assiali del corpo che l’insegnante può facilitare attraverso semplici esercitazioni, quali:
Sul SE corporeo si ha:
1. scoperta dei vari movimenti del capo;
2. significato mimico dei movimenti (il “si”, e il “no” ecc…)
3. davanti allo specchio: gioco della smorfia (per approfondire l’osservazione delle varie parti della testa)
4. con una maschera o uno scatolone sul capo che copre completamente il viso: percezione attraverso l’assenza. Si scoprono così le varie funzioni comunicative della “testa” proprio per le difficoltà che si incontra nel drammatizzare qualsiasi situazione in queste condizioni;
5. descrizione verbale delle singole parti (occhio, orecchie, bocca, naso, ecc…) sempre seguendo un criterio secondo il quale l’osservazione precede la rappresentazione; ad esempio:
occhi: percezione attraverso l’assenza; l’insegnante dovrà preparare dei giochi in cui gli occhi vengono bendati allo scopo di far scoprire ai bambini le funzioni dell’occhio. Si chiede al bambino: “Si vede meglio con un occhio o con due?” L’insegnante dovrà preparare esercizi in cui viene chiesto al bambino di chiudere un occhio per scoprire l’ampiezza del campo visivo; si procede con esercizi di osservazione degli occhi davanti allo specchio. Lo stesso procedimento va utilizzato per le altre parti del viso. Sugli altri (persone, animali): si, procede con l’osservazione delle differenze. Per quanto riguarda i movimenti, le parti che compongono la testa degli animali, con riferimento anche ai colori, alle forme e alle grandezze. E’ da evidenziare che l’osservazione dei contrasti facilita e amplia l’osservazione del se’, proprio perchè il bambino viene stimolato ad osservare meglio i particolari. A livello simbolico (su disegni e figure): si procede con il riconoscimento delle varie ”parti” su figure e col collage. L’insegnante predispone (ritagliandoli) una serie di occhi, bocche, nasi, sopracciglia ecc… e chiede ai bambini di comporre la testa; si passa successivamente alla rappresentazione simbolica. E’ a questo punto che l’insegnante può chiedere al bambino di riprodurre graficamente il proprio autoritratto (davanti allo specchio) completo di tutti i particolari. Questo disegno poi verrà ritagliato e applicato a quella sagoma di corpo umano, a grandezza naturale, che era rimasta in bianco e che ora può essere riempita. Contemporaneamente a questo tipo di attività si possono fare attuare al bambino altre esercitazioni quali:
· consegnare al bambino una figura umana divisa in più parti e chiedergli di ricomporla, le difficoltà si presenteranno in questa gradazione: ad incastro, con modello e poche parti, con modello e molte parti, senza modello e molte parti, gioco collettivo;
· gioco del fotografo: il bambino deve osservare attentamente, memorizzare la posizione assunta dall’insegnante con il corpo e riprodurla mantenendo tale posizione per un certo periodo di tempo anche al occhi chiusi e descrivendola verbalmente;
· gioco dello scultore: l’insegnante fa da modello e inventa una posizione; un bambino fa da scultore e riproduce la posizione dell’educatore su un compagno oppure descrive al compagno i movimenti da fare e la posizione da assumere;
· fare imitare al bambino azioni che egli ha compiuto o che ha visto compiere, ecc..
Si può affermare, quindi che l’attività percettiva abbia una funzione di mediazione e di regolazione tra individuo ed ambiente. Ciò che viene percepito non è semplicemente effetto della registrazione e trasmissione di informazioni da parte dei recettori periferici in presenza di determinati stimoli esterni, ma ha comunque un significato in funzione dell’elaborazione del vissuto da parte del soggetto, con le sue disposizioni, esperienze e motivazioni. Noi viviamo immersi in una realtà fisica costituita da una molteplicità di oggetti, ognuno dei quali ha una forma, delle dimensioni, un colore, una collocazione nello spazio. Entrare in rapporto con gli oggetti, conoscerli è essenziale per i nostri fini vitali, perché la conoscenza della realtà esterna è il presupposto di ogni nostra azione.
May 2015
18/05/2015
PREREQUISITI PER L’APPRENDIMENTO DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA NELL’ETA’ PRESCOLARE – parte 4^
Elemento non trascurabile è lo sviluppo dell’abilità spazio-temporale; essa non serve al bambino a comprendere le relazioni temporali all’interno della giornata o sapersi orientare in un luogo conosciuto, ma anche nell’acquisizione delle abilità scolastiche di scrittura e lettura.
Per quanto riguarda l’organizzazione SPAZIO-TEMPORALE, diciamo che spazio e tempo sono due categorie che influenzano fortemente il movimento il quale è insieme fenomeno spaziale e temporale. Lo spazio esterno è percepito come distanza da sé e direzione in rapporto a sé; la percezione di distanza e di direzione avviene secondo due canali informatori principali: quello propriocettivo che ci informa sullo spostamento dei vari segmenti del corpo nello spazio; quello visivo che ci permette di afferrare distanza e direzione verso cui va, per esempio, la mano che tenta di afferrare un oggetto. Anche le prime percezioni del tempo sono strettamente legate al movimento in quanto il tempo viene percepito anzitutto come durata del gesto(rapido, lento etc..) e come sequenza di esperienze propriocettive, motorie e ritmiche. Ogni acquisizione del bambino presuppone una dinamicità che evolve nel tempo; perché il bambino possa operare processi logici, di rapporto, di seriazione, di comparazione per giungere alla capacità di riproduzione e di astrazione, deve distinguere un <primo> da un <dopo>, cogliere nella successione temporale, l’elemento base che permette la giustapposizione di fattori di cui si compone un tutto spaziale. L’interiorizzazione dello spazio e del tempo esterni porta, in seguito, all’elaborazione di uno spazio e di un tempo interni. In ogni fase della vita l’apprendimento presente dipende da tutto l’apprendimento precedente. Ad esempio l’apprendimento della lettura dipende parzialmente dalla capacità, sviluppata in precedenza, di percepire visivamente delle forme.
Esercizi per l’organizzazione spaziale
Il bambino per essere avviato all’analisi cosciente per il riconoscimento degli spostamenti di alcuni elementi dei segni grafici che si trovano nella lettura e nella scrittura, deve avere, anzitutto, la coscienza del proprio corpo. Da ciò scaturisce la consapevolezza delle possibilità di movimento e la conseguente acquisizione delle nozioni che esprimono i fondamentali rapporti spaziali: sopra, sotto, dentro, fuori, davanti, dietro, in alto, in basso ecc..
Tali posizioni prima vanno vissute dal fanciullo in situazioni concrete nelle quali egli si possa muovere, anzitutto verso le cose (mettersi dentro uno scatolone, in un grande cerchio collocato a terra; passare strisciando sotto la sedia, sotto il tavolo, ecc..); successivamente il bambino procederà a muovere le cose verso di sé; infine muoverà le “cose” tra loro cogliendone i vari rapporti (mettere la gomma dentro una scatola e la penna fuori; indicare tre oggetti qual è quello più vicino …; mettere la matita vicino al quaderno e i colori lontani dal quaderno; ecc..).
Dalle situazioni concretamente vissute, si passa poi all’uso delle immagini, come segue:
· presentare al bambino delle schede con figure di tavoli, sedie, ecc. con sopra o sotto un giocattolo e chiedergli di indicare o di raggruppare tutte le figure in cui il giocattolo è sempre sopra o sempre sotto ecc.;
· presentare al bambino un foglio con disegnati alcuni tavoli e chiedergli di disegnare una palla sotto ed un vaso sopra;
· presentare al bambino un foglio con disegnati tavoli e sedie e invitarlo a disegnare una cosa sopra i tavoli e una cosa sotto le sedie;
· in seguito presentare dei fogli con disegnati sedie con dei gatti che sono sopra o sotto ad essi: invitare il bambino a disegnare un gomitolo di lana vicino ai gatti che stanno sopra (o sotto) la sedia;
· consegnare al bambino delle schede in cui sono rappresentati due oggetti posti uno davanti all’altro: dare al bambino gli oggetti concreti ed invitarlo a porli nello stesso rapporto;
· presentare al bambino un foglio con due vasi disegnati: chiedergli di mettere i fiori nel vaso che sta davanti o in quello dietro;
· dare al bambino un foglio con disegnati bicchieri e una bottiglia, posti l’uno davanti all’altro e chiedergli:
1. di colorare in rosso il recipiente che sta davanti a tutti (o dietro),
2. di colorare i bicchieri che stanno davanti (o dietro) alla bottiglia;
3. di colorare il recipiente che sta in mezzo.
A conclusione dell’esperienza relativa alle posizioni, vanno poi attuati una serie di esercizi che riguardano le direzioni (destra, sinistra, in alto, in basso).
Per la scoperta della direzione si inizia col fare intuire al bambino le due parti simmetriche del corpo con esercitazioni riguardanti, appunto, il corpo: si chiede di mostrare un braccio, poi toccare l’occhio della stessa parte; si fa ripetere l’esercizio con l’altro braccio: si chiede di toccare successivamente l’orecchio, la spalla, la gamba, il piede, ecc. della stessa parte.
Esercizi per l’organizzazione temporale
Strettamente correlata all’organizzazione spaziale ed ugualmente necessaria in riferimento alla lettura e scrittura è l’organizzazione temporale. Grazie a questa il bambino si rende conto della successione delle varie lettere nel contesto di una parola, degli stacchi tra le diverse parole nel contesto delle frasi, degli spazi vuoti che li esprimono, delle pause tra una frase e l’altra nel contesto del periodo. Tale successione è poi rispettata ed espressa nella scrittura, nella quale parole, frasi, periodi; si fanno rappresentazione significante di contenuti mentali. Le attività realizzabili a tale proposito sono moltissime, ma vanno svolte con gradualità affinché la nozione che si vuole fare acquisire al bambino sia lentamente e progressivamente elaborata e fissata.
Una prima serie di esercitazioni può riguardare la presenza o l’assenza di un oggetto.
Mettere un oggetto (per esempio, una palla) sul tavolo e chiedere: “che cosa c’è sul tavolo?”; togliere la palla dal tavolo e domandare: “c’è la palla sul tavolo?”.
Si predispone poi una serie di cartoncini abbinati in cui una cosa c’è o non c’é.
Per esempio: una gabbia con l’uccellino; - una gabbia senza l’uccellino;
un vaso con il pesciolino; - un vaso senza pesciolino;
· presentare le prime figure e chiedere al bambino di indicare quelle in cui c’è l’uccellino;
· presentare la seconda serie e chiedere di mostrare la figura in cui non c’è il pesciolino;
· chiedere al bambino di riunire le figure in cui l’oggetto c’è e quelle in cui l’oggetto non c’è;
· presentare al bambino un foglio con disegnati oggetti vuoti ed oggetti contenenti qualcosa ed invitarlo ad indicare quelli in cui c’è qualcosa, ecc..
Una seconda intuizione importante è quella relativa al “prima” e al “dopo”, per la quale bisogna partire dalle azioni che il bambino compie.
Esempi di esercizi:
· fare eseguire al bambino un’attività (disegnare, giocare con la palla ecc.); mentre il bambino esegue chiedere: “cosa stai facendo adesso?”.
· Invitare il bambino ad osservare il compagno vicino. Mentre lo osserva chiedergli: “che cosa sta facendo adesso il tuo compagno?”
· Fare accartocciare un foglio di carta e chiedere al bambino: “com’è adesso la carta? Com’era prima?”
· Chiedere al bambino di raccontare quello che ha fatto prima di venire a scuola, ciò che fa prima di andare a letto ecc.
· Fare eseguire al bambino alcune azioni che abbiamo un prima e un poi immediato; per esempio, lavare ed asciugare le mani, sbucciare e mangiare la mela, tagliare ed incollare.
· Portare il bambino a intuire la successione cronologica di due e più azioni, col sussidio di due cartoncini rappresentati lo stesso oggetto in due momenti diversi e con una successione obbligata.
Per esempio: la mela intera e torsolo; matita non temperata e matita temperata; chiedere al bambino di disporre esattamente le due figure secondo un successione
I tempi della successione dell’azione possono, inoltre, moltiplicarsi; in questo caso vengono richieste al fanciullo.
Attraverso l’analisi del ripetersi di azioni specifiche, il bambino avverte il succedersi dei giorni e il senso della settimana. Le ore del giorno vengono riconosciute per mezzo delle azioni che il bambino compie, egli si rende conto anche del tempo necessario per realizzarle e dell’intervallo fra un’azione e l’altra.
Ecco alcune serie temporali da sviluppare in quattro quadri o sequenze:
· Le azioni del mattino (svegliarsi, pulirsi, vestirsi, fare colazione);
· Le azioni che precedono il pranzo (lavarsi le mani, asciugarle, sedersi a tavola, mangiare);
· I momenti della giornata (colazione, pranzo, merenda, cena; oppure: mattino, mezzogiorno, pomeriggio, sera);
Infine, altre acquisizioni temporali essenziali riguardano il ritmo e la durata.
Ogni fanciullo possiede naturalmente un suo ritmo specifico da cui traggono origine le diverse scansioni e i diversi tempi del suo inserimento nella realtà, del suo dominio di quest’ultima, delle sue capacità rappresentative e simboliche. L’osservazione e la conoscenza del ritmo personale di ogni alunno sono, quindi, indispensabili; infatti il ritmo esterno al quale il bambino deve adeguarsi deve essere anzitutto conforme al ritmo personale e solo in un secondo momento differenziato al fine di modificare quest’ultimo.
A tal fine è necessario che il genitore o l’insegnante faccia eseguire un serie di esercitazioni partendo dall’esperienza diretta del bambino attraverso l’azione:
· Percorrere un tracciato prima a passi brevi poi a passi lunghi;
· Fare rotolare un pallone lentamente e poi in fretta;
· Fare rotolare un pallone e correre più in fretta o meno in fretta di esso; ecc.
E’ opportuno, inoltre, aiutare il bambino a raffigurare graficamente un ritmo attraverso le seguenti esercitazioni:
· Mettere molte palle, ugualmente distanti tra loro, davanti al bambino e chiedere a questi di battere un colpo davanti ad ognuna;
· Successivamente togliere alcune palle e chiedere al bambino di battere un colpo davanti ogni palla e di fare finta di batterlo dove la palla è stata tolta.
· l’adulto batte un certo numero di colpi (per esempio: tre); chiede poi al bambino di fare altrettanto e successivamente di trascrivere graficamente ciò che ha fatto (per esempio, fare tre cerchietti) oppure di registrarlo in altro modo (per esempio, porre tre cubetti o tre bottoni ecc.).
11/05/2015
Altro punto molto importante per l’acquisizione delle capacità di letto-scrittura è la lateralità. Molti bambini fino a 6 anni non esprimono chiaramente la preferenza per una mano o per l’altra quando scrivo o colorano, ma da questa età in poi è importante che si sviluppi una preferenza per un lato del corpo in modo predominante, ma non solo per l’uso della mano.
Per LATERALITA’ si intende l’insieme delle predominanze particolari dell’una o dell’altra parte simmetrica del corpo, a livello di mano, piede, occhio, orecchio; per lateralizzazione si intende il processo attraverso il quale si sviluppa la lateralità. Sviluppo intimamente connesso con l’organizzazione, da un lato dello schema corporeo, dall’altro dello spazio e del tempo. Per quanta riguarda l’epoca in cui si stabilisce la lateralità vi sono diverse teorie; alcuni dicono che è già stabilita a quattro mesi, altri non la pongono prima dei quattro-cinque anni. In ogni caso la dominanza è fissata quando il bambino (a 6-7 anni) entra nella scuola dell’obbligo; è perciò un grave errore intervenire prima di tale età per modificarla. Bisogna ,quindi rispettare nel bambino mancino la sua preferenza laterale almeno fino a quando non avrà raggiunto una completa evoluzione del linguaggio ed una perfetta capacità nell’esecuzione di atti complessi(apprendimento della scrittura) in quanto un intervento sul mancinismo potrebbe essere responsabile dell’insorgenza di conflitti neurofisiologici nell’ambito delle molteplici e complesse funzioni emisferiche e determinare disturbi del linguaggio(il più spesso balbuzie) ,strabismo , errori di comportamentale come: timidezza, insicurezza, instabilità o irrequietezza psicomotoria, iperemotività, enuresi, onicofagia, tics , aggressività e talora veri e propri stati ansiosi. E’ importante sottolineare che il processo di lateralizzazione è fondamento dello stabilirsi della scrittura, del suo organizzarsi nello spazio del foglio:
tutti elementi che il bambino non possiede prima dei 5- 6 anni, quando le sue possibilità motrici sono ancora globali e il tentativo di movimenti fini e precisi provoca facilmente sincinesie e ipertonie con conseguente stanchezza. Ora, una lateralità indecisa pone il bambino di fronte a molte difficoltà, le quali (in età scolare) si ripercuotono nel campo degli apprendimenti e della vita di relazione.
Esercizi per lo sviluppo della lateralità
Le esercitazioni da fare eseguire, pur coinvolgendo globalmente il bambino devono essere più particolarmente orientate verso l’acquisizione o l’affermazione della lateralità e verso il raggiungimento della consapevolezza dei due emilati corporei:
· Lanciare una palla contro una parete con una mano e riprenderla con ambedue le mani, poi lanciarla con un mano e riprenderla con la stessa mano;
· Gioco del bersaglio: colpire con un lancio, eseguito con la mano o con un calcio (colpire birilli, pupazzi, barattoli, ecc.);
· Fare saltare dentro e fuori da un cerchio su un piede solo;
· Saltare: con un punto di riferimento (cubetto o altro oggetto di un colore) fuori a destra e fuori a sinistra di un cerchio
05/05/2015
Proseguiamo con l’esposizione delle abilità che i bambini dovrebbero aver appreso entro i 6 anni di età.
2. La percezione può essere analizzata in varie componenti:
· Visiva
· Uditiva
· Lateralizzazione
· Orientamento spazio temporale
· Sviluppo dello schema corporeo
Fra le funzioni psichiche che presiedono all’apprendimento della letto-scrittura va segnalata LA PERCEZIONE VISIVA : infatti l’identificazione delle varie lettere dell’alfabeto e delle parole che esse compongono presuppone un determinato tipo di organizzazione visiva. E’ ormai ampiamente riconosciuto che la percezione visiva non è semplicemente una presa di coscienza della realtà esterna di cui rispecchierebbe le caratteristiche, ma il prodotto di un complesso processo che si sviluppa secondo leggi proprie, soggette anche a graduali modificazioni col crescere dell’età. Per ciò che attiene gli aspetti biofisiologici, è indispensabile la presenza di un certo grado di acuità visiva e di finezza discriminativa, come pure l’integrazione uditivo-visiva, un’ampiezza adeguata del campo visivo, una strategia sistematica di esplorazione oculo-motoria, nonché un determinato gradiente di dominanza emisferica a livello corticale. La maturazione psicologica necessaria per iniziare a leggere esige, tra l’altro, il raggiungimento di un adeguato sviluppo percettivo-visivo che consente la decifrazione, l’identificazione e il riconoscimento della parola scritta.
Questo processo implica l’esistenza di altre capacità, quali la discriminazione, cioè la facoltà di distinguere un segno grafico dagli altri, e la trasformazione, ossia l’idoneità
di trasformare un segno dalla forma visiva in quella uditiva e viceversa.
Esercizi per lo sviluppo della percezione visiva
· Ricerca di oggetti in funzione del colore: il bambino deve individuare oggetti di uguale colore tra tanti;
· Raggruppamento per colore: il bambino deve individuare e associare oggetti dello stesso colore;
· Raggruppamento per forme: il bambino deve individuare gli oggetti della stessa forma;
· Esercizi con le schede: attraverso lo svolgimento dei compiti richiesti dalle schede il bambino ha modo di affinare la capacità di discriminazione e di esplorazione di configurazioni diverse e complesse; nelle schede vengono prese in considerazione figure che si intersecano, figure nascoste, figure sovrapposte, figure da completare, ricostruzione di figura, somiglianza e differenza dei dettagli.
PERCEZIONE UDITIVA
L’apprendimento della lettura dipende da buone abitudini di ascolto; se il bambino non prende dimestichezza con diversi modelli sonori e non distingue parole simili per suono non riuscirà a leggere e scrivere correttamente. La percezione uditiva non è la capacità di sentire suoni o rumori, bensì la capacità di iniziare a selezionarli ed ha interpretarli. Quindi “percezione” e “capacità” sono due cose diverse: la sola capacità non garantisce una buona percezione mentre è possibile avere percezione anche se la capacità non è buona. Ai fini di una corretta percezione uditiva è ovviamente necessario poter disporre di una capacità acustica normale o almeno deficitaria.
Esercizi per lo sviluppo della percezione uditiva
· Gioco della localizzazione della sorgente sonora: bendare il bambino, suonare uno strumento in un punto della stanza e chiedere al bambino di individuare la provenienza del suono;
· Gioco della discriminazione della sorgente sonora: bendare il bambino, suonare uno strumento scelto fra tre o quattro presentati e chiedere al bambino di indicare lo strumento suonato.
· Gioco della sequenza sonora: bendare il bambino, suonare tre strumenti in successione e chiedere al bambino di nominare gli strumenti nell’ordine suonato.
April 2015
28/04/2015
Iniziamo da oggi una breve esposizione riguardante le abilità che i bambini dovrebbero avere all'inizio del primo anno di scuola. Leggendole vi accorgerete che i vostri figli le hanno già sviluppate o le hanno sviluppate in parte o altri ancora non manifestano ancora queste capacità. Se rientrate in uno degli ultimi due esempi, vi consiglio di sottoporre il vostro bambino ad una rapida valutazione dei prerequisiti, così da togliervi ogni dubbio ed eventualmente iniziare un percorso di potenziamento precoce di queste abilità.
Nel bambino, lettura e scrittura richiedono come prerequisiti indispensabili, per un loro apprendimento agevole, senza sforzo e quindi motivante, almeno quattro tipi di capacità:
1. COGNITIVE, rappresentate da una buona efficienza intellettiva e da un’organizzazione simbolica e logica del pensiero adeguata all’età;
2. PERCETTIVE, relative all’organizzazione dell’informazione propriocettiva, visiva e uditiva e nella loro reciproca integrazione;
3. MOTORIE, interessano l’apprendimento strumentale e funzionale della scrittura;
4. LINGUISTICHE, espresse da una buona competenza della lingua parlata, che dia adito all’emergere del codice elaborato e della capacità metalinguistica.
1. CAPACITA’ COGNITIVE
Lo sviluppo cognitivo è lo sviluppo del pensiero logico. Sia pensiero che linguaggio sono i risultati ultimi di vari processi interiori, quali comprensione, affettività, motivazione, attenzione e memoria. Motivazione, attenzione e memoria sono processi neuropsicologici che stanno alla base di ogni apprendimento, strettamente collegati fra loro e capaci di influenzarsi reciprocamente. La motivazione e l’elemento propulsivo di ogni comportamento. E’ la spinta interiore che predispone l’organismo ad attivare la vigilanza, a focalizzare l’attenzione, ad evocare dati dalla memoria. L’ attenzione è la principale e fondamentale attività della mente, diretta e orientata dalla motivazione, ha per scopo la messa a fuoco selettiva di particolari gruppi di stimoli. La selezione degli stimoli appare indispensabile per una corretta ed ordinata elaborazione dell’esperienza percettiva. La memoria è il processo che consente sia l’immagazzinamento di un’informazione derivata dall’attenzione, sia il suo recupero, per un sempre migliore adattamento dell’organismo all’ambiente. Nella memoria i dati vengono immessi in forma più o meno elaborata ed è il grado di elaborazione che ne consente il recupero. In base al tempo è al grado di elaborazione si distingue:
· Memoria a brevissimo termine o registrazione sensoriale; è la capacità di registrare per pochi secondi l’informazione sensoriale di tipo visiva, uditiva e tattile pronta per essere selezionata dall’attenzione.
· Memoria a breve termine (MBT) , ha la funzione di trattenere temporaneamente (dai 15 ai 30 secondi) le informazioni per la loro codificazione e successiva elaborazione. E’ nella MTB che i dati codificati vengono associati e si vengono a formare relazioni fra informazioni nuove ed altre già possedute e rievocate, prima che il materiale elaborato venga trasferito alla MLT. La MBT ha una capacità più ampia per le informazioni uditive che quelle visive.
Memoria a lungo termine coincide con il significato corrente al termine memoria, come deposito d’informazione da cui è possibile attingere ricordi. I ricordi diventano permanenti quando il soggetto non si limita alla sola codificazione visiva o uditiva ma li elabora in forma verbale e li associa attraverso relazioni logiche, integrando il nuovo con quanto è già stato appreso in modo da inserirlo nella propria mappa cognitiva.
Attività mirate allo sviluppo della memoria e attenzione
· Gioco del memory: consiste nel presentare al bambino/i una serie di carte doppie (diversi argomenti) , capovolgerle e a turno riuscire ad accoppiarle girandone due per volta;
· Ricerca dell’oggetto figura/mancante: si presentano tre o quattro oggetti/figure, si fanno denominare e poi si chiede al bambino di chiudere gli occhi, l’insegnante nasconde un’oggetto/figura di questi e chiede al bambino di ricordare l’oggetto/ figura mancante.
December 2013
31/12/2013
Dagli inizi dell’apprendimento la scrittura continua a modificarsi a causa di numerosi fattori tra i quali citiamo l'età, il sesso, le condizioni socio-familiari, la motivazione, la motricità fine.
I cambiamenti più significativi si notano tra 6 e 10 anni: diminuzione della dimensione, superamento delle principali difficoltà grafomotorie, aumento della precisione, della regolarità del gesto e della continuità nel movimento e soprattutto il cambiamento nella strategia del controllo motorio: dalla prevalenza dell'utilizzazione delle informazioni visive e tattilo-cinestetiche (definita comunemente controllo occhio-mano) alla rappresentazione interna del movimento, con la messa a punto di programmi motori che vengono attivati per l'esecuzione delle lettere e delle parole (Zesiger, 1995). Dopo i 10-12anni aumenta l'efficienza, con maggiore fluenza e la ricerca di una scrittura più personale.
Le fasi che caratterizzano lo sviluppo della scrittura sono tre:
- Pre-calligrafica: (fino a circa 8 anni), età scolare in cui il bambino apprende e consolida le forme grafiche. Nel primo anno di scuola la scrittura appare tesa per il controllo dei movimenti e la difficoltà nell’eseguirli. In seconda e in particolare in terza elementare il gesto è un po’ più sciolto per progressivo maggiore controllo.
- Calligrafica: (dai 9 anni, circa) fase in cui il bambino aderisce al modello calligrafico con maggiore scioltezza. Questa fase viene considerata “l’età d’oro” dell’evoluzione della scrittura infantile perché il bambino prova il piacere di scrivere e si sente capace di dare libero sfogo a questa sua nuova e fondamentale acquisita competenza.
- Post-calligrafica: (periodo della pre-adolescenza) stadio in cui compare una sempre maggiore rapidità esecutiva grazie alla quale la scrittura trova, personalizzandosi, forme semplificative originali. In questa fase viene rimesso in crisi l’equilibrio della fase precedente.
Bisogna considerare che elementi diversi dei vari stadi possono coesistere nella stessa grafia e che il periodo cronologico delle varie fasi è indicativo in quanto l’evoluzione della scrittura dipende dallo sviluppo individuale del soggetto: in questo modo un ragazzino può presentare caratteristiche della fase pre-calligrafica pur essendo, per età, in quella calligrafica, o viceversa. Non sempre quindi età cronologica ed età grafo-motoria collimano, come spesso si riscontra nelle scritture con disturbi grafo-motori.
La disgrafia è un disturbo qualitativo del processo di trasformazione delle informazioni verbali ascoltate o pensate in forma grafemica, per cui l'apprendimento della scrittura si rivela difficile e faticoso, questo disturbo non interessa le regole ortografiche e sintattiche anche se vi è una ricaduta sui testi prodotti per impossibilità di rilettura e autocorrezione.
La disgrafia può essere dovuta a numerosi fattori: oltre che a difficoltà di tipo prassico o visuo-spaziale, anche a fattori di "sovraccarico"; una scrittura senza errori, infatti, implica l'integrazione contemporanea di tutte le componenti della scrittura.
Il bambino ha difficoltà nel ricordare come si formano le lettere e nel riprodurre la forma delle lettere nelle diverse modalità: stampatello, corsivo, minuscolo, maiuscolo; inoltre ci sono gravi difficoltà nel mantenere i rapporti di misura, spessore, spazio sul foglio.
Spesso il bambino tiene la matita in modo sbagliato e l'atto della scrittura diventa faticoso, la scrittura può essere un misto di lettere maiuscole e minuscole.
L'automatizzazione nella scrittura dovrebbe avvenire, generalmente, dalla terza elementare, da questo periodo è possibile, per il bambino, velocizzare la scrittura e personalizzare la grafia, e, nella lettura, avere l'impressione di accedere direttamente al significato, senza bisogno di un'attenzione eccessiva.
Le diverse forme di disgrafia
La disgrafia si presenta in forme diverse in relazione agli aspetti eziologici da cui si origina. Le due principali classificazioni del disturbo disgrafico sono le seguenti:
Classificazione delle disgrafie di Ajuriaguerra
• scritture tese: presentano tensione e contrazione del gesto grafico
• scritture molli: presentano rilasciamenti e irregolarità
• scritture impulsive: caratterizzate da gesto grafico incontrollato in corpo e alla fine di parola. Le scritture impulsive possono essere ulteriormente distinte in “molli” o “rigide”
• scritture maldestre: presentano irregolarità e disorganizzazione nella forma dei grafemi e nel movimento complessivo della scrittura
• scritture lente e precise: mostrano una iper-strutturazione delle lettere per un eccesso di precisione
Classificazione delle disgrafie di R. Olivaux
Partendo dalla considerazione che la scrittura ha tre specifiche funzioni: quella di esprimere il pensiero (funzione strumentale), di comunicarlo (funzione relazionale) e di rappresentare la personalità dello scrivente in tutti i suoi aspetti (funzione rappresentativa), Olivaux ha stabilito che quando una di esse è compromessa, possiamo parlare di
- Disgrafia strumentale:
- difficoltà a strutturare il gesto grafico per “fatica” di chi scrive e conseguente lentezza dello scritto
- Disgrafia relazionale:
- illeggibilità per difficoltà di relazione con l’ambiente. Sono grafie caratterizzate da una gestione irregolare dello spazio grafico, da dimensione molto variabile delle lettere, mancanza di pressione o pressione pastosa, ecc.
- Disgrafia sintomatica:
- difficoltà di espressione di sé - “scrittura maschera”- si presentano molto accurate, controllate, artificiose. (L. Tonocci, “Rieducazoine della Scrittura, modalità e criteri”. In: P. Cristofanelli, S. Lena, Disgrafie, 1999, pp. 165-167
Il
bambino che presenta disgrafia scrive in modo molto irregolare, la sua mano
scorre con fatica sul piano di scrittura e l’impugnatura della penna è spesso
scorretta.
La capacità di utilizzare lo spazio a disposizione è, solitamente, molto
ridotta; il bambino non, non rispetta i margini del foglio, lascia spazi
irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la linea di scrittura e
procede in “salita” o in “discesa” rispetto al rigo.
La pressione della mano sul foglio non è adeguatamente regolata; talvolta è troppo forte e il segno lascia un'impronta marcata anche nelle pagine seguenti del quaderno, talvolta è troppo debole e svolazzante. Sono frequenti le inversioni nella direzione del gesto che si evidenziano sia nell’esecuzione dei singoli grafemi che nella scrittura autonoma, che a volte procede da destra verso sinistra.
Il bambino disgrafico presenta difficoltà notevoli anche nella copia e nella produzione autonoma di figure geometriche ( tende a “stondare” gli angoli e a non chiudere le forme). Anche il livello di sviluppo del disegno è spesso inadeguato all’età; la riproduzione di oggetti o la copia di immagini è molto globale e i particolari risultano poco presenti.
La copia di parole e di frasi è scorretta; sono presenti inversioni nell'attività grafo-motoria ed errori dovuti a scarsa coordinazione oculo-manuale.
La copia dalla lavagna è poi ancora più difficile, in quanto il bambino deve portare avanti più compiti contemporaneamente: distinzione della parola dallo sfondo, spostamento dello sguardo dalla lavagna al foglio, riproduzione dei grafemi.
Le dimensioni delle lettere non sono rispettate, la forma è irregolare, l'impostazione invertita, il gesto è scarsamente fluido, i legami tra le lettere risultano scorretti. Tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al bambino stesso, il quale non può quindi neanche individuare e correggere eventuali errori ortografici.
Anche il ritmo di scrittura risulta alterato; il bambino scrive con velocità eccessiva o con estrema lentezza, ma la sua mano esegue movimenti a “scatti”, senza armonia del gesto e con frequenti interruzioni.
La disgrafia è, quindi, una difficoltà di scrittura che riguarda la riproduzione dei segni alfabetici e numerici.
I bambini disgrafici presentano lacune marcate nelle seguenti competenze di base:
Competenze grafo-motorie
Competenze di orientamento e integrazione spazio-temporale
Competenze di coordinazione oculo-manuale e di coordinazione dinamica generale
Competenze di discriminazione e memorizzazione visiva sequenziale
Competenze metafonologiche
Dott.ssa Lucia Barolo
October 2013
16/10/2013
•il riconoscimento dei segni dell’ortografia;
•la conoscenza delle regole di conversione dei segni grafici in suono;
•la ricostruzione delle “sequenze di suoni” in parole del lessico;
•la comprensione del significato delle singole frasi e del testo.
Le cause della dislessia non sono ancora chiare e il dibattito fra specialisti del settore è ancora aperto. Un’ipotesi, sostenuta da ricerche recenti, parla di fattori genetici : si è notato infatti che la frequenza del disturbo riguarda più i maschi che le femmine e che vi sono spesso casi di familiarità (cugini, zii, gemelli omozigoti ecc.). La dislessia diviene parte del corredo genetico del bambino, trasmissibile per via ereditaria, come il colore degli occhi, i lineamenti del viso, la tendenza all’obesità, alla longilineità, alla timidezza o all’aggressività.
I dislessici, infatti, non hanno “problemi d’intelligenza”, né problemi di socializzazione, almeno fino al momento in cui il confronto scolastico con i coetanei non li determina.
July 2013
23/07/2013
I cambiamenti più significativi si notano tra 6 e 10 anni:
diminuzione della dimensione, superamento delle principali difficoltà
grafomotorie, aumento della precisione, della regolarità del gesto e della
continuità nel movimento e soprattutto il cambiamento nella strategia del
controllo motorio: dalla prevalenza dell'utilizzazione delle informazioni
visive e tattilo-cinestetiche (definita comunemente controllo occhio-mano) alla
rappresentazione interna del movimento, con la messa a punto di programmi
motori che vengono attivati per l'esecuzione delle lettere e delle parole
(Zesiger, 1995). Dopo i 10-12anni aumenta l'efficienza, con maggiore fluenza e
la ricerca di una scrittura più personale.
Le fasi che caratterizzano lo
sviluppo della scrittura sono tre:
- Pre-calligrafica: (fino a circa
8 anni), età scolare in cui il bambino apprende e consolida le forme
grafiche. Nel primo anno di scuola la scrittura appare tesa per il
controllo dei movimenti e la difficoltà nell’eseguirli. In seconda e in particolare
in terza elementare il gesto è un po’ più sciolto per progressivo
maggiore controllo.
- Calligrafica: (dai 9 anni,
circa) fase in cui il bambino aderisce al modello calligrafico con
maggiore scioltezza. Questa fase viene considerata “l’età d’oro”
dell’evoluzione della scrittura infantile perché il bambino prova il
piacere di scrivere e si sente capace di dare libero sfogo a questa sua
nuova e fondamentale acquisita competenza.
- Post-calligrafica: (periodo
della pre-adolescenza) stadio in cui compare una sempre maggiore rapidità
esecutiva grazie alla quale la scrittura trova, personalizzandosi, forme
semplificative originali. In questa fase viene rimesso in crisi
l’equilibrio della fase precedente.
Bisogna considerare che elementi diversi dei
vari stadi possono coesistere nella stessa grafia e che il periodo cronologico
delle varie fasi è indicativo in quanto l’evoluzione della scrittura dipende
dallo sviluppo individuale del soggetto: in questo modo un ragazzino può
presentare caratteristiche della fase pre-calligrafica pur essendo, per età, in
quella calligrafica, o viceversa. Non sempre quindi età cronologica ed età
grafo-motoria collimano, come spesso si riscontra nelle scritture con disturbi
grafo-motori.
La
disgrafia è un disturbo qualitativo del processo di trasformazione delle
informazioni verbali ascoltate o pensate in forma grafemica, per cui
l'apprendimento della scrittura si rivela difficile e faticoso, questo disturbo non interessa le regole ortografiche
e sintattiche anche se vi è una ricaduta sui testi prodotti per impossibilità
di rilettura e autocorrezione.
La
disgrafia può essere dovuta a numerosi fattori: oltre che a difficoltà di tipo
prassico o visuo-spaziale, anche a fattori di "sovraccarico"; una
scrittura senza errori, infatti, implica l'integrazione contemporanea di tutte
le componenti della scrittura.
Il
bambino ha difficoltà nel ricordare come si formano le lettere e nel riprodurre
la forma delle lettere nelle diverse modalità: stampatello, corsivo, minuscolo,
maiuscolo; inoltre ci sono gravi difficoltà nel mantenere i rapporti di misura,
spessore, spazio sul foglio.
Spesso
il bambino tiene la matita in modo sbagliato e l'atto della scrittura diventa
faticoso, la scrittura può essere un misto di lettere maiuscole e minuscole.
L'automatizzazione
nella scrittura dovrebbe avvenire, generalmente, dalla terza elementare, da
questo periodo è possibile, per il bambino, velocizzare la scrittura e
personalizzare la grafia, e, nella lettura, avere l'impressione di accedere
direttamente al significato, senza bisogno di un'attenzione eccessiva.
Le diverse
forme di disgrafia
La disgrafia
si presenta in forme diverse in relazione agli aspetti eziologici da cui si
origina. Le due principali classificazioni del disturbo disgrafico sono le
seguenti:
Classificazione
delle disgrafie di Ajuriaguerra
•
scritture tese: presentano tensione e contrazione del gesto grafico
•
scritture molli: presentano rilasciamenti e irregolarità
•
scritture impulsive: caratterizzate da gesto grafico incontrollato
in corpo e alla fine di parola. Le scritture impulsive possono essere
ulteriormente distinte in “molli” o “rigide”
•
scritture maldestre: presentano irregolarità e disorganizzazione
nella forma dei grafemi e nel movimento complessivo della scrittura
•
scritture lente e precise: mostrano una iper-strutturazione delle
lettere per un eccesso di precisione
Classificazione
delle disgrafie di R. Olivaux
Partendo
dalla considerazione che la scrittura ha tre specifiche funzioni: quella di
esprimere il pensiero (funzione strumentale), di comunicarlo (funzione
relazionale) e di rappresentare la personalità dello scrivente in tutti i suoi
aspetti (funzione rappresentativa), Olivaux ha stabilito che quando una di esse
è compromessa, possiamo parlare di
- Disgrafia strumentale:
- difficoltà a strutturare il gesto grafico per
“fatica” di chi scrive e conseguente lentezza dello scritto
- Disgrafia relazionale:
- illeggibilità per difficoltà di relazione con
l’ambiente. Sono grafie caratterizzate da una gestione irregolare dello
spazio grafico, da dimensione molto variabile delle lettere, mancanza di
pressione o pressione pastosa, ecc.
- Disgrafia sintomatica:
- difficoltà di espressione di sé -
“scrittura maschera”- si presentano molto accurate, controllate,
artificiose. (L. Tonocci, “Rieducazoine della Scrittura, modalità e
criteri”. In: P. Cristofanelli, S. Lena, Disgrafie, 1999, pp.
165-167
Il
bambino che presenta disgrafia scrive in modo molto irregolare, la sua mano
scorre con fatica sul piano di scrittura e l’impugnatura della penna è spesso
scorretta.
La capacità di utilizzare lo spazio a disposizione è, solitamente, molto
ridotta; il bambino non, non rispetta i margini del foglio, lascia spazi
irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la linea di scrittura e
procede in “salita” o in “discesa” rispetto al rigo.
La pressione
della mano sul foglio non è adeguatamente regolata; talvolta è troppo forte e
il segno lascia un'impronta marcata anche nelle pagine seguenti del quaderno,
talvolta è troppo debole e svolazzante. Sono frequenti le inversioni nella
direzione del gesto che si evidenziano sia nell’esecuzione dei singoli grafemi
che nella scrittura autonoma, che a volte procede da destra verso sinistra.
Il bambino
disgrafico presenta difficoltà notevoli anche nella copia e nella produzione
autonoma di figure geometriche ( tende a “stondare” gli angoli e a non chiudere
le forme). Anche il livello di sviluppo del disegno è spesso inadeguato
all’età; la riproduzione di oggetti o la copia di immagini è molto globale e i
particolari risultano poco presenti.
La copia di parole e di frasi è scorretta; sono presenti inversioni nell'attività grafo-motoria ed errori dovuti a scarsa coordinazione oculo-manuale.
La copia
dalla lavagna è poi ancora più difficile, in quanto il bambino deve portare
avanti più compiti contemporaneamente: distinzione della parola dallo sfondo,
spostamento dello sguardo dalla lavagna al foglio, riproduzione dei grafemi.
Le
dimensioni delle lettere non sono rispettate, la forma è irregolare,
l'impostazione invertita, il gesto è scarsamente fluido, i legami tra le
lettere risultano scorretti. Tutto ciò rende spesso la scrittura
incomprensibile al bambino stesso, il quale non può quindi neanche individuare
e correggere eventuali errori ortografici.
Anche il
ritmo di scrittura risulta alterato; il bambino scrive con velocità eccessiva o
con estrema lentezza, ma la sua mano esegue movimenti a “scatti”, senza armonia
del gesto e con frequenti interruzioni.
La
disgrafia è, quindi, una difficoltà di scrittura che riguarda la
riproduzione dei segni alfabetici e numerici.
I bambini
disgrafici presentano lacune marcate nelle seguenti competenze di base:
1.
Competenze
grafo-motorie
2.
Competenze
di orientamento e integrazione spazio-temporale
3.
Competenze
di coordinazione oculo-manuale e di coordinazione dinamica generale
4.
Competenze
di discriminazione e memorizzazione visiva sequenziale
5.
Competenze
metafonologiche
Dott.ssa Lucia Barolo
15/07/2013
Ci sono bambini che faticano a studiare, ad apprendere per avere un risultato
scolastico soddisfacente. In alcuni casi si tratta di ragazzini che non
dedicano sufficiente tempo allo studio, ma vi sono anche alunni che presentano
un vero e proprio disturbo neuropsicologico che impedisce loro di apprendere il
linguaggio scritto in modo automatico.
Quando parlo di Disturbi dell’Apprendimento
mi riferisco a situazioni ben definite, che solitamente riguardano un
aspetto specifico dell’apprendimento e che si manifestano con modalità
circoscritte. “Si tratta di disturbi nei quali le modalità normali di
acquisizione delle capacità in questione sono alterate già nelle fasi iniziali
dello sviluppo. Essi non sono semplicemente una conseguenza di una mancanza di
opportunità di apprendere e non sono dovuti ad una malattia cerebrale
acquisita. Piuttosto si ritiene che i disturbi derivino da anomalie
nell’elaborazione cognitiva, legate in larga misura a qualche tipo di
disfunzione biologica. Come per la maggior parte degli altri disturbi dello
sviluppo, queste condizioni sono marcatamente più frequenti nei maschi.” (OMS,
1992)
Il DAS presenta 4 caratteristiche fondamentali:
- è un disturbo che riguarda soggetti con quoziente
intellettivo cognitivo nella norma;
- è un disturbo che riguarda soggetti con
prestazioni scolastiche significativamente più basse rispetto ai risultati
attesi in base al Q.I. cognitivo; la discrepanza tra potenzialità
cognitive e prestazioni effettive è elevata;
- non sono individuabili cause evidenti di tipo
emotivo e/o ambientale;
- non sono ravvisabili deficit di tipo sensoriale o
neurologico tali da spiegare da soli il processo di apprendimento
deficitario.
I DAS si suddividono in specifici: quando i problemi evidenziati
riguardano solo settori molto circoscritti (ad es. dislessia); misti
quando le difficoltà riguardano più settori di apprendimento (ad es. sindrome
dislessica); generalizzati quando le difficoltà riguardano quasi tutte
le abilità scolastiche (in tal caso si parla anche di soggetti borderline
cognitivi).
Se un alunno è affetto da un Disturbo dell’Apprendimento
Scolastico (DAS) non ha quindi un ritardo o un’insufficienza mentale che non
gli consente di imparare come i suoi compagni, ma ha una condizione neuropsicologica
particolare: sin dalla nascita questo bambino non ha le strutture
neurobiologiche adeguate per imparare a codificare il linguaggio scritto in
modo veloce e corretto. Complessivamente i DAS interessano circa tra l’8 e il
10% degli alunni, con una maggiore prevalenza della dislessia (spesso associata
alla disortografia), rispetto alla discalculia.
I DAS sono disturbi neuropsicologici evolutivi perché dipendono da
una predisposizione innata del soggetto, e non sono causati da un evento
avverso (lesione cerebrale) che può causare una perdita parziale o completa
delle capacità di lettura, scrittura e calcolo, anche in età adulta. Inoltre,
diverse ricerche di genetica hanno dimostrato che esiste un’elevata familiarità
per i DAS; infatti molto spesso i genitori dei bambini che ricevono questa diagnosi
riportano che anche loro a scuola faticavano a leggere o a scrivere. Sono stati
individuati anche alcuni geni responsabili dei DAS, in particolare della
dislessia, che sono localizzati in diversi cromosomi. Naturalmente la diagnosi
di DAS non si fa in base all’analisi genetica, proprio perché l’eziologia è
molto complessa e sono coinvolti numerosi geni.
Una diagnosi di DAS può essere effettuata da un Neuropsichiatra
Infantile o da uno Psicologo esperti di Apprendimento. Il clinico deve
accertare che le prestazioni ai test di apprendimento siano significativamente
inferiori (di circa 1-2 anni di scolarizzazione) rispetto a quanto ci si
aspetterebbe in base al livello cognitivo e al benessere socio-affettivo del
ragazzino. Durante la valutazione diagnostica è necessario prendere in
considerazione anche gli aspetti emotivi (come reagisce il bambino ai
fallimenti, alle critiche, alle provocazioni), gli aspetti motivazionali (in
quali attività riesce ad impegnarsi di più) e gli aspetti interpersonali (per
verificare se il suo disturbo gli crea un disagio significativo nei rapporti
con i pari).
Per la valutazione dello stato degli apprendimenti esistono dei
test appositamente costruiti e tarati sulla popolazione italiana, tra cui la
lettura di brani e di liste di parole, il dettato di racconti, la lettura e la
scrittura di numeri, l’esecuzione di calcoli scritti e a mente, e il recupero
dalla memoria delle tabelline.
Una volta accertato che si tratta di un vero Disturbo
dell’Apprendimento Scolastico è necessario mettere in atto un piano terapeutico
complesso che coinvolga l’alunno, gli insegnanti e anche i genitori. Con
l’alunno si possono applicare dei programmi specifici per l’esercizio delle
competenze deficitarie (lettura, scrittura o calcolo) in cicli di trattamento
di 4-6 mesi, preferibilmente prima dei 10 anni di età, meglio se in due sedute
settimanali di circa mezz’ora. Con gli insegnanti è opportuno concordare una
serie di adattamenti delle attività didattiche per non sovraccaricare l’alunno
di attività per lui particolarmente difficoltose (lettura di lunghi brani,
verifiche scritte o con domande aperte), privilegiando altre attività,
soprattutto tramite verifiche orali, usando schemi e tabelle, permettendo di
utilizzare sussidi mnemonici per le regole grammaticali, la tavola pitagorica.
Infine anche i genitori devono essere coinvolti perché devono essere
consapevoli delle caratteristiche di proprio figlio, dei punti di forza e di
debolezza, di come porsi nella gestione delle attività scolastiche (soprattutto
i compiti pomeridiani) e cosa poter pretendere e prevedere del percorso
scolastico.